“IO
SONO VIVO, VOI SIETE MORTI” di
Sergio Fanucci
“Io
sono vivo e voi siete morti”. Non c’è frase più riuscita dell’immensa
produzione di Philip K. Dick (PKD), autore che frequento da quando avevo solo
14 anni. È un avviso che ci mette in guardia su cos’è veramente il nostro
mondo, sul suo disfacimento e sulle sue idiosincrasie.
È
la frase che più lo sintetizza, che lo racchiude in un concetto di assoluta
linearità, dove la vita e la morte sono gli opposti che si specchiano, e il
mondo che è nel mezzo, cos’è veramente? È una frase tratta da uno dei suoi
capolavori, Ubik, ritenuto una
lettura fondamentale per capire il pensiero dickiano, il rapporto tra reale e
irreale. Ed è proprio Ubik il primo
libro che lessi a quella giovane età: fu un faro nella notte, e lo è tuttora.
Pubblicare e leggere PKD rappresenta per me un
oscuro scrutare il mondo attraverso la conoscenza della penultima verità su noi marziani, quella che lui ci fa intendere da più di 60 anni; è
un’utopia andata e ritorno per la
quale ci spetta infine una sola e unica redenzione
immorale. Immergendomi nelle pagine dei suoi libri, mi sembra di vivere in
una città sostituita o ritrovarmi in terra ostile, tanto è lo spaesamento
che provo in senso inverso; è come se
mi perdessi in un labirinto di morte
in compagnia di simulacri dove
l’unica nostra via di salvezza è (ri)conoscere l’illusione di potere che questo mondo ci propina e PKD ci lascia
intravedere. Sfogliare le migliaia di pagine che ha scritto è come ascoltare
alcune voci dalla strada, gente
comune come i giocatori di Titano o i nostri amici da Frolix 8, o come
leggere le sue illuminanti confessioni di
un artista di merda che ci ripetono in una litania lovecraftiana “Svegliatevi, dormienti”, perché questo
non è il mondo che Jones creò, ed è ora
di uscirne. Questo mondo è finito in un tempo
fuor di sesto, manovrato da Valis,
un’entità macchina e dio al tempo stesso. E se non ascoltiamo i suoi continui
ammonimenti, corriamo il rischio di risvegliarci in un paradiso maoista, con un occhio
nel cielo che ci spia come il grande fratello, impotenti e disarmati
davanti a una divina invasione. E
quindi ci resta un’unica scelta: fuggire dalla deus irae che questo suo scrivere e il nostro comprenderlo provoca inevitabilmente.
Come? Anche in questo caso continuando a leggerlo. PKD ci consiglia infatti di
indossare una tuta disindividuante, assumere una sostanza M o un Chew-Z per
essere meno consapevoli delle cattive abitudini in questo piccolo mondo,
e di affrontare le cronache del
dopobomba, situazione geopolitica che noi comuni mortali abbiamo generato,
senza poter contare su un Dottor Futuro.
Insomma, non possiamo dire che PKD non ci abbia avvertito in tutti i suoi
romanzi che spero abbiate qui riconosciuto e con cui ho costruito una lotteria dello spazio. Ma una domanda
mi perseguita dal principio del mio viaggio dickiano: ma gli androidi sognano pecore elettriche?
Sergio
Fanucci è l’editore di Philip K.Dick in Italia. La sua casa editrice lo
pubblica in esclusiva dal 1999. In occasione dei 30 anni dalla morte (1982 –
2012) verranno ripubblicati 30 romanzi in edizione tascabile con le copertine
di Antonello Silverini e le introduzioni di Carlo Pagetti. L’8 marzo uscirà
l’inedito Lo strano mondo di Mr.
Fergesson nella Collezione Dick (pp. 280 - €17).
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